Lo stile

“Il realismo espressivo di Sanzeni conferisce vitalità alle figure umane, rafforza quelle degli animali, dà consistenza alle presenze angeliche. Il ritmo delle sue opere ha il valore espressivo delle superfici lisce ma plastiche, per esprimere affetti che sembrano segnali di preghiera”. (Rosaria Guadagno, 2002)

“Il testo scultoreo di Lino Sanzeni è di stampo lineare, non riconducibile a curve, affezionato a una visione dell’uomo operoso, dei santi, dei papi, di un convincimento presepiale del rapporto tra l’uomo e il suo Dio. La mediazione culturale dello scultore bresciano è nella lettura di una brescianità artistica”. (Tonino Zana, 2002)

“Sanzeni è uno scultore che non si pone vincoli formali o esplicativi. Innamorato della quotidianità, crea i suoi lavori coniugando, in una felice simbiosi lirica, il ferro e la pietra”. (Simone Fappani, 2003)

“Lino Sanzeni sembra sempre in bilico tra realtà ed astrazione. L’artista pare assegnare al metallo la funzione di concretezza delle forme, mentre alla pietra quella dell’indefinitezza spaziale ed ambientale che, pur essendo in rapporto col reale, manifesta spinte verso l’oltre. In questo strano e singolare amalgama di materiali e di valori si può intravedere una modalità di accostarsi al mistero dell’inconscio ed, allo stesso tempo, gli sfugge”. (Oscar Di Prata –Giovanni Quaresmini, 2004)

“Sanzeni è uno scultore realista e sentimentale, verista un tanto romantico. La somma di verismo e romanticismo nascono dallo studio personale di tante anime conosciute e che hanno obbedito per trent’anni, almeno, al fuoco delle fucine, alle sirene delle fabbriche, ai dolori e alla brevità dell’esistenza”. (Tonino Zana, 2004)

“Legno, pietra e ferro, i tre materiali che costituiscono la struttura portante della cultura materiale bresciana, sono al centro del percorso artistico dello scultore Lino Sanzeni, che tra mito e quotidianità evocata, lontana nel tempo, rivisita nodi e totem della civiltà contadina, spingendosi anche al di là della chiostra rassicurante dell’antropologia dell’aia per giungere a cantare, in una mitologica selvatichezza, i solenni abitanti delle selve, o i bovidi possenti, o gli arieti, che sono colti in una compostezza monumentale, dotati, pur nell’ambito della figurazione, di una postura ieratica, quasi che essi stiano a rappresentare misteriose divinità silvane. E se la candida pietra, come un frutto abbacinante, solido e malleabile uscito dal grembo di Botticino, è in genere utilizzata per stabilire scultoreamente le masse possenti dei corpi, legno e ferro hanno il compito di individuare le parti connotanti e sensibili: i musi e, ci si passi il termine, quella fisionomica animale che diventa tale proprio perché il composito bestiario di Sanzeni non scaturisce dall’ambito della descrizione naturalistica, ma sgorga da un ambito espressivo che potremmo definire, in virtù di una mitologia trasfigurante, il nucleo del realismo magico”. (da STILE arte, Brescia 2007, Anno XII, n. 112)

“Il pregio dell’operazione di Lino Sanzeni è proprio quello di saper innestare su una tradizione antica, rinnovata dalle avanguardie del nostro tempo, il frutto di una personale ricerca per scoprire le forme, in un rapporto costante con la vitalità della natura. La sua semplificazione narrativa, infatti, riesce ad agevolare la concentrazione dell’occhio sulla bellezza dei materiali di volta in volta scelti per realizzare opere di innovativa espressività nell’estremo tentativo di sublimazione”.(Attilio Mazza, 2008)